SENTENZE

La Corte UE difende i precari della scuola: “Card da 500 euro anche ai supplenti brevi”

Lussemburgo, 3 luglio 2025 – La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha dato ragione a una docente italiana precaria che era stata esclusa dal bonus annuale di 500 euro per la formazione, previsto dalla “Carta del docente”. Secondo i giudici europei, negare l’accesso al bonus ai supplenti con contratti brevi rappresenta una discriminazione ingiustificata, in violazione del diritto dell’UE.


Il caso

ZT, un’insegnante italiana con incarichi temporanei e saltuari, aveva fatto ricorso dopo essere stata esclusa dal beneficio previsto dalla legge 107/2015 (“Buona Scuola”). La norma italiana assegna ai docenti di ruolo (e in parte a quelli con supplenze annuali) una card elettronica da 500 euro l’anno per spese legate ad aggiornamento e formazione. Ma chi ha contratti brevi – come ZT – ne viene sistematicamente escluso.

Il Tribunale di Ravenna ha quindi chiesto alla Corte UE se questa esclusione fosse compatibile con l’Accordo quadro europeo sul lavoro a termine, che vieta trattamenti meno favorevoli rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato, se non giustificati da motivi oggettivi.


La decisione

La Corte è stata netta: la discriminazione non è giustificabile. Il bonus formazione, essendo parte delle condizioni di impiego, va riconosciuto anche ai precari con contratti brevi, a meno che lo Stato non dimostri valide ragioni oggettive per escluderli.

“Non può escludersi un lavoratore solo perché ha un contratto più corto”, si legge nella sentenza. “Il principio di parità di trattamento vale per tutti i lavoratori a termine.”


Perché è importante

Questa decisione rappresenta un precedente potente per decine di migliaia di supplenti italiani che ogni anno lavorano con contratti di pochi mesi, spesso coprendo ruoli essenziali nel sistema scolastico.

La sentenza potrebbe aprire la strada a ricorsi in massa e ad adeguamenti legislativi, obbligando il Ministero dell’Istruzione a garantire il bonus anche ai docenti “brevi”.


Cosa succede ora

Il tribunale nazionale dovrà pronunciarsi tenendo conto del verdetto europeo. Nel frattempo, si attende una risposta da parte del Ministero dell’Istruzione e del Merito, che potrebbe essere chiamato a riconoscere il bonus arretrato a migliaia di insegnanti esclusi negli anni passati.

Sentenza sulla ricostruzione di carriera: la Cassazione riconosce l’anno 2013 solo ai fini giuridici. Resta il danno economico per migliaia di docenti e ATA

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10215/2024, pubblicata il 21 maggio 2025, ha posto un punto fermo sulla questione del riconoscimento dell’anno 2013 nella ricostruzione della carriera del personale scolastico. Il verdetto stabilisce che tale annualità deve essere riconosciuta esclusivamente ai fini giuridici, ma non ai fini economici, confermando la cosiddetta “sterilizzazione” operata dalla normativa emergenziale sul contenimento della spesa pubblica (D.L. 78/2010 e d.P.R. 122/2013).

Il danno è quantificabile

L’effetto concreto della decisione è una perdita economica media compresa tra i 2.000 e i 4.000 euro per ciascun docente o ATA coinvolto. Questo deriva dalle mancate differenze retributive, dal ritardo nel passaggio alle fasce stipendiali e dai riflessi sul trattamento di fine servizio.

La posizione della Fensir

Dura la reazione del Segretario Generale della Fensir, Giuseppe Favilla, che ha dichiarato:

“Quando la giustizia è cieca e cassa il diritto dei lavoratori, l’unica azione da fare è continuare a lottare.”

Favilla critica inoltre il fatto che la Corte abbia rimandato il possibile recupero dell’anno 2013 alla contrattazione collettiva:

“Demandare alla contrattazione una norma di legge non solo sembra strumentale, ma anche privo di senso. Ad oggi non sono riusciti a chiudere i sindacati rappresentativi un contratto degno di chiamarsi tale. Pensano di recuperare un intero anno sterilizzato con una contrattazione non prevista dalla normativa così come fu per il 2011 e 2012? Siamo presi ancora una volta in giro, anche dalla Suprema Corte.”

La strategia legale del sindacato

Il sindacato non intende rassegnarsi alla decisione della Cassazione e annuncia nuove azioni giudiziarie:

“Chiederemo ai giudici del lavoro se è corretto rinunciare obbedienti e fedeli al nostro diritto di lavoratori e di quanto ci è stato sottratto in nome di una spending review voluta dalla casta.”

Il nodo della disparità

Il vero nodo resta la scissione tra il riconoscimento giuridico e quello economico dell’anzianità. L’anno 2013 viene sì riconosciuto per concorsi, mobilità e graduatorie, ma non comporta alcun effetto stipendiale. Ciò si traduce in un ritardo di un anno nella progressione economica, con ripercussioni su tutta la carriera.

Conclusione

La sentenza, seppur chiara sotto il profilo normativo, lascia irrisolto il danno concreto per una categoria già penalizzata. Serve ora una risposta non solo giuridica, ma anche politica e contrattuale, capace di ristabilire un principio di equità sostanziale nei confronti dei lavoratori della scuola.

Il Consiglio di Stato riconosce il pieno punteggio per il servizio militare nelle graduatorie ATA: avviata la campagna di tutela FENSIR

Una sentenza di particolare rilievo per il personale ATA è stata emessa dal Consiglio di Stato (Sezione VII) con la decisione n. 3367/2025, che ha accolto l’appello di un gruppo di candidati contro il Ministero dell’Istruzione e del Merito, ribaltando il verdetto del TAR Lazio.

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Al centro della controversia vi era la corretta valutazione del servizio militare di leva o del servizio civile sostitutivo ai fini del punteggio nelle graduatorie di circolo e di istituto di III fascia del personale ATA per il triennio 2024–2027. Il Ministero, con il decreto n. 89 del 21 maggio 2024, aveva attribuito solamente 0,60 punti complessivi a chi aveva svolto il servizio militare non in costanza di rapporto di impiego scolastico, riservando invece il punteggio pieno di 6 punti annui (cioè 0,50 punti per ogni mese di servizio) solo a chi fosse stato già assunto.

I ricorrenti, difesi dall’avvocato Christian Conti, hanno contestato questa disparità come illegittima e incostituzionale, invocando il principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) e la tutela del lavoratore che adempie agli obblighi di leva (art. 52, secondo comma, Cost.). Hanno anche richiamato la normativa specifica del settore scolastico, in particolare l’art. 569, comma 3, del D.Lgs. 297/1994, che sancisce che “il periodo di servizio militare di leva è valido a tutti gli effetti”, senza alcuna distinzione in base alla presenza o meno di un rapporto di lavoro.

Il Consiglio di Stato ha accolto integralmente queste argomentazioni, evidenziando che la normativa vigente non giustifica una differenziazione di punteggio per il servizio militare, il cui valore deve essere pienamente riconosciuto e proporzionato alla durata effettiva del servizio, fino a un massimo di 6 punti per anno. La sentenza ha quindi ordinato l’annullamento degli atti impugnati e il ricalcolo dei punteggi per i ricorrenti, con attribuzione del punteggio pieno spettante in base ai mesi effettivamente prestati in servizio militare o civile.

Di fronte a questa significativa pronuncia, la FENSIR (Federazione Sindacati Indipendenti Riformisti) ha annunciato l’avvio di una campagna nazionale di tutela legale e sindacale a favore di tutto il personale ATA che si trovi in una situazione analoga. L’obiettivo è garantire l’applicazione estensiva della sentenza a livello nazionale e assicurare che tutti gli interessati ottengano il giusto riconoscimento del servizio militare nei punteggi delle graduatorie scolastiche.

La federazione metterà a disposizione degli iscritti un servizio di consulenza e supporto per avviare eventuali ricorsi individuali o collettivi al contempo ha richiesto al Ministero di adeguarsi volontariamente al principio stabilito dal Consiglio di Stato, evitando così il contenzioso.

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