INFORMAZIONI

DPCM 60 CFU The Day After

Dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell’atteso DPCM “60 CFU”, naturalmente.

di G. Zichittella, segretaria Fensir SADOC

Un decreto che doveva uscire dalle mani dell’allora Ministro Patrizio Bianchi (era luglio 2022) e che invece ci viene consegnato dal successore, Ministro Valditara, a settembre 2023. Quattordici mesi di gestazione. Che poi, se ne fosse valsa la pena, l’attesa gliel’avremmo pure perdonata.

Riassumiamo i punti salienti (commentandoli, ove non si commentassero da soli):

  • Art 6, comma 4: “Se il numero delle domande di ammissione ai percorsi di formazione iniziale per specifiche classi di concorso eccede il livello sostenibile individuato ai sensi del primo periodo, le università e le istituzioni AFAM possono programmare a livello locale l’accesso a tali percorsi (…).” In sostanza, nonostante tanti proclami sull’abbattimento del numero chiuso, verba volant, scripta manent: “L’offerta formativa complessiva delle università e delle istituzioni AFAM è volta a formare un numero di insegnanti abilitati commisurato ai fabbisogni, anche su base territoriale, del sistema nazionale di Istruzione, in relazione alle tipologie delle classi di concorso, e, in ogni caso, a garantire la selettività delle procedure concorsuali” (Ibidem).

Prima riflessione: se il Ministero ha inteso slegare concorsi ed abilitazione (ricordate l’adagio delle scorse settimane, per cui “da ora in poi i percorsi non saranno più abilitanti…”) perché ora si invoca la selettività delle procedure concorsuali per giustificare l’accesso programmabile (se non già programmato) ai corsi abilitanti? Inoltre: la stima del fabbisogno, che – art. 6, comma 1 del DPCM – il Ministero dell’istruzione e del merito individua per i tre anni scolastici successivi, sarà fatta come a Medicina (saremo costretti a importare i docenti da Cuba su alcune cdc), o come alla scuola primaria, specialmente in merito al TFA sostegno primaria, ancora tenuto a numero chiuso mentre centinaia di docenti non specializzati vengono chiamati da MAD proprio su quei posti resi inaccessibili da una selezione durissima e spesso non adeguata ad intercettare le potenzialità di molti aspiranti docenti di sostegno?

  • Art. 8, comma 1: “Ai fini del conseguimento dei (60) CFU o CFA (…), sono riconosciuti ventiquattro CFU o CFA conseguiti entro il 31 ottobre 2022 sulla base del previgente ordinamento, fermi restando almeno dieci CFU o CFA di tirocinio diretto”. 

Ora, ammiriamo come sempre la chiarezza espositiva del Legislatore giacché, essendo i 24 cfu del precedente ordinamento desunti da esami teorici di carattere psico-pedagogico, antropologico etc. e non prevedendo affatto tirocinio, rendono la chiusura di frase sui 10 cfu di tirocinio diretto quantomeno ambigua. Si vuol forse intendere che, pur riconoscendo i 24 cfu, almeno 10 cfu di tirocinio diretto agli abilitandi non li toglie nessuno? È questo che si voleva dire? Se sì, proponiamo a chi partorisce tali Decreti di ricordare che il lettore – per quanto possa essere un docente plurilaureato, con corsi singoli integrativi, master, 24 cfu e una collezione di certificazioni da far invidia ai formatori delle multinazionali statunitensi (del resto, si sa, in GPS se no, non si lavora) – NON è nella mente del Legislatore, quindi un po’ di chiarezza e disambiguazione espositiva non guasterebbe. Affatto.

  • Art. 9: “La prova finale del percorso universitario ed accademico consiste in una prova scritta ed in una lezione simulata (…). La prova scritta consiste in una sintetica analisi di episodi, casi, problematiche verificatesi durante il tirocinio diretto svolto. (…) La lezione simulata, su tema proposto dalla Commissione con un anticipo di 48h, ha una durata massima di 45min, è progettata anche mediante tecnologie digitali multimediali, è sviluppata con didattica innovativa ed è accompagnata dall’illustrazione delle scelte contenutistiche, didattiche e metodologiche compiute in riferimento al percorso di formazione iniziale relativo alla specifica classe di concorso. (…) La prova finale è superata se il candidato consegue un punteggio di almeno 7/10 nella prova scritta e 7/10 nella lezione simulata.”
  • Art. 12: Costi. Qui viene “il bello”.

Innanzitutto leggiamo che “I costi (…) sono posti a carico dei partecipanti, ivi compresi coloro che vincono il concorso (…)”. Chissà perché non ne avevamo alcun dubbio. 

Scopriamoli, dunque questi costi “massimi”:

2650 euro: 60 cfu (percorso intero) + prova finale; 

2150 euro: 60 cfu (percorso intero) + prova finale, per gli studenti delle lauree magistrali; 

2150 euro: 36 cfu (percorso abbreviato) + prova finale per i possessori dei 24 cfu del previgente ordinamento, ivi compresi i vincitori dello straordinario-ter; 

2150 euro (compresa prova finale) anche per tutti i restanti percorsi da 30 cfu (triennalisti con un anno specifico su cdc, abilitati su altra cdc, specializzati su sostegno).

Accettasi scommesse su quali Università non punteranno al “massimo”. Qui una riflessione, come sindacato nato a tutela dei diritti dei docenti, non si può non farla. Che la formazione costi è indubbio, nessuno pretende la gratuità totale. Tuttavia, stiamo parlando di persone che hanno già sborsato (iniziamo giusto dalla formazione accademica):

  • Retta laurea triennale + materiale di studio;
  • Retta laurea specialistica/magistrale + materiale di studio;
  • 24 cfu;
  • In molti casi, corsi singoli aggiuntivi (pagati profumatamente, circa 40 euro a cfu escluse tasse di immatricolazione) per colmare i crediti mancanti delle classi di concorso (crediti che, beninteso, Ministero e Atenei avrebbero tranquillamente potuto fare in modo di includere direttamente nei piani di studio, anziché mettere “scienze del giglio e del gelsomino” per poi presentare al laureato la famigerata tabella con i codici dei settori scientifico-disciplinari e dirgli/le: “Ti servono questi altri”.
  • Certificazioni per punteggio GPS ormai vendute “a peso”, in un mercato le cui logiche sono dolorosamente note agli addetti ai lavori, ma che la maggior parte dell’opinione pubblica (italiana ed anche estera) inorridirebbe al conoscere nei dettagli. 
  • Alcuni di questi docenti hanno infine passato tre dure prove selettive per l’ammissione al TFA sostegno, sborsando dai 3000 ai 3700 euro per la frequenza del corso (senza contare le spese di trasferta, spesso ingenti).

Il Fensir Sadoc ricorda in questa sede l’art.34 della Costituzione:

“I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.”

Ora, è vero che la Carta Costituzionale si riferiva in quell’articolo all’istruzione inferiore e non a quella accademica, ma qui – Signori e Signore – forse stiamo scordando che si parla di coloro che quell’istruzione inferiore sono chiamati ad impartirla. Davvero vogliamo che la professione docente divenga appannaggio di una élite facoltosa? Perché di questo si tratta: già un supplente breve viene pagato dopo tre mesi e può accettare l’incarico solo se ha alle spalle una famiglia benestante che lo sostenga fino all’agognato, primo stipendio. Vogliamo adesso rendere con questo DPCM l’accesso all’abilitazione ostativo per i “capaci e i meritevoli” che non hanno 2650 euro, che devono lavorare per poter vivere e che possibilmente faranno fatica a conciliare lezioni sincrone, tirocinio in presenza e lavoro senza adeguate misure di garanzia da parte del Ministero (sì, ci sono i permessi studio, ma solo per i contratti annuali e a volte, anche per quelli, le tempistiche di erogazione dei permessi ed il numero di ore concesse dagli USR non sono propriamente così efficienti nel garantire in pienezza il diritto allo studio).

E ancora… è così difficile pensare a costi commisurati all’ISEE? Occorre rileggere la storia di Robin Hood o ci possiamo arrivare ancora da soli che si può chiedere un po’ di più a chi può, e meno a chi non può, in modo che il primo aiuti il secondo ad arrivare allo stesso traguardo? Ah no, certo, dobbiamo alimentare la competizione. Solo tra docenti, però, che invece agli alunni dobbiamo insegnare l’empatia.

  • Art. 13, comma 1: “Coloro che sono già in possesso di abilitazione su una classe di concorso o altro grado di istruzione, nonché coloro che sono in possesso della specializzazione su sostegno possono conseguire, fermo restando il possesso del titolo di studio necessario con riferimento alla classe di concorso, l’abilitazione in altre classi di concorso o gradi di istruzione, attraverso l’acquisizione di trenta CFU o CFA”. 

La buona notizia è che questi percorsi potranno essere erogati in modalità online sincrona (non prevedono tirocinio in presenza) e, come recita il comma 6 “sono esclusi dal livello sostenibile di attivazione dei percorsi”. In altre parole non sono soggetti a numero chiuso, ma garantiti a tutti gli aventi diritto.

  • Art. 14: un po’ di date. Il primo “ciclo” dei 30 cfu (sostanzialmente, la metà dei 60 cfu) dovrebbe concludersi entro il 28 febbraio 2024. Il primo ciclo degli altri percorsi (tranne i 36 cfu destinati ai vincitori dello stra-ter, che verranno svolti in anno di prova), invece, entro il 31 maggio 2024.

 Peccato che siamo quasi ad ottobre e ancora non sappiamo neppure quali saranno gli Atenei accreditati.

  • Infine, al comma 6 (art.14), leggiamo che “coloro che, nell’anno scolastico precedente all’avvio dei percorsi, erano titolari di contratti di docenza a tempo determinato, presso una istituzione scolastica statale o scuola paritaria ovvero nell’ambito di percorsi IeFP delle regioni, possono accedere per i primi tre cicli, ai percorsi (…) relativi alla classe di concorso riferita al contratto di docenza. La riserva sarà pari al:

45% – I ciclo, di cui 5% riservati docenti IeFP

35% – II e III ciclo, di cui 5% (per ogni ciclo) riservati docenti IeFP

“Se il numero delle domande (…) eccede i limiti della riserva…” avete indovinato? Selezione tra gli aventi diritto.

Un appunto, come sindacato: e se un docente l’avesse durante l’anno in corso, e non l’anno precedente, tale contratto di docenza, perché non dovrebbe poter accedere alla riserva? Altra cosa che forse al Ministero sfugge: moltissimi precari italiani sono impiegati su altre cdc, su sostegno, su altro grado. Si trovano ad avere anche cinque anni di carriera da Mad senza alcun anno specifico e sono già a 0 punteggio in GPS, non avevano diritto ad una “fetta” di questa torta (peraltro, con oneri a proprio carico e non certo del Ministero) in ragione del servizio pluriennale comunque svolto, e vergognosamente mai riconosciuto?

Concludiamo con le tabelle riassuntive degli allegati:

ALLEGATO 1- 60 CFU (percorso intero)

10 CFU/CFA in Discipline di area pedagogica.

15 CFU/CFA di tirocinio diretto per la specifica classe di concorso. Per ogni CFU o CFA di tirocinio, l’impegno in presenza nei gruppi-classe è pari ad almeno dodici ore.

5 CFU/CFA di tirocinio indiretto.

3 CFU/CFA sulla Formazione inclusiva delle persone con BES (disabilità, disturbi evolutivi specifici/DSA e svantaggio economico, sociale e culturale).

3 CFU/CFA in Disciplina di area linguistico-digitale.

4 CFU/CFA in Discipline psico-socio-antropologiche.

2 CFU/CFA Metodologie didattiche per la secondaria.

16 CFU/CFA in Didattica delle discipline, metodologie e tecnologie didattiche applicate alle discipline di riferimento. 

2 CFU/CFA in Discipline relative all’acquisizione di competenze nell’ambito della legislazione scolastica.

ALLEGATI 2, 3 e 4: 30 CFU/CFA.

Premessa: questa è la parte più complessa da comprendere, in quanto vi sono ben tre diversi allegati, tutti relativi a percorsi da 30 cfu, con destinatari diversi e articolazione diversa degli insegnamenti.

ALLEGATO 2: 30 CFU/CFA – Percorsi formativi da 30 CFU per docenti abilitati su altro grado/classe di concorso o specializzati in sostegno

4 CFU/CFA in Discipline di area pedagogica.

3 CFU/CFA Formazione inclusiva delle persone con BES.

3 CFU/CFA  in Discipline di area linguistico-digitale.

3 CFU/CFA  in  Discipline psico-socio-antropologiche.

6 CFU/CFA in Didattica delle discipline, metodologie e tecnologie didattiche applicate alle discipline di riferimento.

2 CFU/CFA Didattica delle discipline, metodologie e tecnologie didattiche applicate alle discipline di riferimento.

9 CFU/CFA di Tirocinio indiretto.

ALLEGATO 3: 30 CFU/CFA – Percorsi formativi da 30 CFU destinati ai docenti con tre anni di esperienza o che hanno sostenuto la prova del concorso “straordinario bis”.

4 CFU/CFA in Discipline di area pedagogica.

15 CFU/CFA di Tirocinio diretto.

2 CFU/CFA in Metodologie didattiche

7 in Didattiche delle discipline

2 in Legislazione scolastica

ALLEGATO 4: 30 CFU/CFA – Percorsi formativi transitori da 30 CFU per neo-laureati o chi non ha acquisito 24 CFU entro ottobre 2022.

6 CFU/CFA in Discipline di area pedagogica.

5 CFU/CFA di Tirocinio indiretto.

3 CFU/CFA in Formazione inclusiva delle persone BES

3 CFU/CFA in discipline di area linguistico/digitale

4 CFU/CFA in discipline psico-socio-antropologiche

2 CFU/CFA in Metodologie didattiche

7  CFU/CFA in Didattiche delle discipline di riferimento

ALLEGATO 5: 36 CFU/CFA per i vincitori dello Straordinario Ter 

3 CFU/CFA in Discipline di area pedagogica.

13 CFU/CFA di tirocinio diretto e indiretto per la specifica classe di concorso. 

3 CFU/CFA in Disciplina di area linguistico-digitale.

2 CFU/CFA Metodologie didattiche per la secondaria.

13 CFU/CFA in Didattica delle discipline, metodologie e tecnologie didattiche applicate alle discipline di riferimento. 

2 CFU/CFA in Discipline relative all’acquisizione di competenze nell’ambito della legislazione scolastica.

Convalide

Per i percorsi da 60 cfu, è previsto il riconoscimento di:

  • 24 CFU/CFA conseguiti in base al previgente ordinamento;
  • CFU/CFA conseguiti nei corsi di studio universitari o accademici, purché siano coerenti con il Profilo conclusivo del docente abilitato, competenze professionali e standard professionali minimi di cui all’allegato A al DPCM. Il riconoscimento avviene sulla base delle Linee guida (Allegato B).

Il riconoscimento dei crediti di cui al punto 2, ossia dei crediti conseguiti nei corsi di studio universitari o accademici, avviene dunque nel rispetto di alcuni criteri e principi ben precisi, tra cui:

A) È possibile il riconoscimento delle attività formative e dei rispettivi CFU/CFA acquisiti nel corso degli studi universitari o accademici, purché strettamente coerenti con gli obiettivi formativi del percorso di formazione iniziale di cui all’Allegato A (Profilo del docente abilitato). L’individuazione dei CFU/CFA da acquisire con modalità aggiuntiva è effettuata sulla base del riconoscimento, dell’attestazione e dell’eventuale certificazione delle competenze maturate dagli studenti.

B) Nel caso dei percorsi da 60 CFU/CFA, il numero di crediti riconosciuti non può essere superiore a 12, nel caso delle attività formative relative alle scienze dell’educazione, alle didattiche disciplinari e alle attività formative riguardanti le competenze psico-socio-antropologiche e a quelle linguistiche e digitali considerate nel loro complesso.

C) Nel caso dei percorsi da 60 CFU/CFA, il numero di crediti riconosciuti non può essere superiore a 5 nel caso delle attività di tirocinio diretto e indiretto.

Questi limiti massimi decrescono proporzionalmente nel caso di percorsi ridotti da 36 o 30 CFU/CFA.

In conclusione, “la Scuola è aperta a tutti” (art. 34, Costituzione). Sì, a tutti gli insegnanti facoltosi e di famiglia benestante che anche quando il docente sia ormai sulla quarantina, possano permettersi di finanziare la propria formazione professionale.

“I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.” Lo insegniamo ai nostri studenti, salvo poi lasciare a casa centinaia di docenti capaci e meritevoli che non hanno più i mezzi per star dietro alle continue, cangianti e – a volte – francamente irrazionali richieste del sistema di reclutamento italiano.

Fensir Sadoc si batterà per difendere i docenti, ma ricordiamolo a chi in questi giorni critica e accusa “i sindacati inesistenti o conniventi”: un sindacato è la testa, ma la testa senza braccia, senza gambe, senza energie non può muoversi. Il nostro corpo sono i docenti, e i docenti tesserati, non solo i “simpatizzanti”: chi si unisce a noi per dare forza, visibilità, potenza ai princìpi che difendiamo, per proporre strade, idee, per alimentare la manifestazione di piazza. 

È arrivato il momento per ciascuno di dire il proprio “NO”. Sei dei nostri?

#IoNonValgo60Cfu

Domanda di pensione: entro il 23 ottobre le domande

Il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha pubblicato il 18 settembre 2023 la Circolare prot.0054257 con la quale ha trasmesso il Decreto Ministeriale n.185 del 15  settembre 2023 , relativo alle cessazioni dal servizio del personale scolastico a decorrere dal 1° settembre 2024.

Il termine ultimo per la presentazione, da parte del personale, docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario della scuola, delle domande di collocamento a riposo per compimento del limite massimo di servizio, di dimissioni volontarie dal servizio, di trattenimento in servizio, oltre il raggiungimento del limite di età a valere, per gli effetti, dal 1° settembre 2024, nonché per la eventuale revoca di tali domande, è fissato al 23 ottobre 2023

Per i dirigenti scolastici il termine di presentazione delle istanze è il 28 febbraio 2024.

Il termine del 23 ottobre 2023 deve essere osservato anche da coloro che, avendo i requisiti per la pensione anticipata (41 anni e 10 mesi per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini) e non avendo compiuto il 65° anno di età, desiderano trasformare il rapporto di lavoro a tempo parziale con contestuale attribuzione del trattamento pensionistico, purché ricorrano le condizioni previste dal decreto 29 luglio 1997, n. 331 del Ministero per la Funzione Pubblica.

I soggetti interessati (personale docente, educativo, docenti di religione, dirigenti scolastici e ATA) dovranno presentare due tipologie di domande: una di cessazione dal servizio e una di pensione.

Le domande di cessazione dal servizio ( saranno attive tre istanze Polis contemporaneamente: la prima conterrà la tipologie con le domande di cessazioni consuete, la seconda e la terza conterranno esclusivamente le istanze per la maturazione del requisito alla pensione quota 100, quota 102, quota 103, opzione donna con requisito al 31/12/2022) e le revoche delle stesse devono essere presentate con la procedura web Polis “Istanze on line” disponibile nel sito internet del Ministero (https://www.miur.gov.it/web/guest/home ). 

I docenti a tempo determinato, compresi gli incaricati annuali di religione, invece devono presentare una comunicazione di collocamento in pensione utilizzando il modello cartaceo. Tale domanda dovrà essere inviata all’Istituzione scolastica di servizio dopo aver verificato i requisiti contributivi e presentato la domanda all’INPS, secondo le modalità sotto riportate. Si ricorda che per i docenti a tempo determinato, compresi gli incaricati annuali, i requisiti per il trattamento in quiescenza a domanda devono essere maturati entro il 31 agosto 2024 (Inpdap Nota operativa n.56 del 22/12/2010).

Al personale in servizio all’estero è consentito presentare l’istanza anche con modalità cartacea. Il personale delle provincie di Trento, Bolzano ed Aosta, presenta le domande in formato cartaceo direttamente alla sede scolastica di servizio/titolarità, che provvede ad inoltrarle ai competenti Uffici territoriali.

Le domande di trattenimento in servizio ai sensi dell’art. 1, comma 257, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 ovvero per raggiungere il minimo contributivo continuano ad essere presentate in forma cartacea entro il termine del 23 ottobre 2023.

Le domande di pensione dovranno essere inviate direttamente all’Ente Previdenziale (INPS, gestione ex INPDAP), esclusivamente attraverso le seguenti modalità:

  • presentazione della domanda on-line, accedendo al sito dell´Istituto, previa registrazione. (utilizzando lo SPID – CIE – CNS)
  • presentazione della domanda tramite Contact Center Integrato (n. 803164)
  • presentazione telematica della domanda attraverso l´assistenza gratuita del Patronato.

Tali modalità saranno le uniche ritenute valide ai fini dell’accesso alla prestazione pensionistica. Si evidenzia che la domanda presentata in forma diversa da quella telematica non sarà procedibile fino a quando il richiedente non provveda a trasmetterla con le modalità sopra indicate.

Di seguito i requisiti pensionistici richiesti 

Per l’anno 2024 le regole da applicarsi sono le seguenti.



Per la pensione di vecchiaia il requisito anagrafico è di 67 anni compiuti entro il 31 agosto 2024 (collocamento d’ufficio) o, a domanda, entro il 31 dicembre 2024 in virtù della disposizione prevista dall´articolo 24, commi 6 e 7 , della legge 214 del 2011, sia per gli uomini che per le donne, con almeno 20 anni di anzianità contributiva.

La pensione anticipata, rispetto a quella di vecchiaia, potrà conseguirsi, a domanda, solo al compimento di 41 anni e 10 mesi di anzianità contributiva per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini da possedersi entro il 31 dicembre 2024.

L’Amministrazione sarà obbligata a collocare a riposo i dipendenti che in possesso dei requisiti della pensione anticipata, raggiungeranno i 65 anni di età entro il 31/08/2024.

Qualora, invece, il requisito anagrafico dei 65 anni sia maturato tra settembre e dicembre 2024 la cessazione dal servizio può avvenire solo a domanda dell’interessato.

Inoltre ai sensi dell’art. 1, comma da 147 a 153 della legge del 27 dicembre 2017, n. 205, l’accesso, d’ufficio o a domanda, alla pensione di vecchiaia, per il personale che rientra tra le categorie di lavoratori destinatari della suddetta norma ( lavoratori dipendenti che svolgono le attività gravose o addetti a lavorazioni particolarmente faticose e pesanti a condizione che siano in possesso di un’anzianità contributiva pari ad almeno 30 anni), e che abbia i requisiti previsti, è consentito al raggiungimento di 66 anni e 7 mesi di età purché l’anzianità contributiva dei 30 anni sia maturata entro il 31 agosto 2024. (circolare Inps n. 126 del 2018)

Requisiti di accesso ai sensi dell´art. 1 comma 94 della legge 30 dicembre 2021, n. 234. “Opzione donna”

Possono presentare la domanda le lavoratrici che entro il 31/12/2021 hanno almeno 58 anni di età e almeno 35 anni di contributi.

Trattenimento oltre i limiti di età
Il decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 114 ha abolito l’istituto del trattenimento in servizio oltre i limiti di età.

Nulla è invece innovato rispetto al comma 3 del citato articolo 509 che disciplina i trattenimenti in servizio per raggiungere il minimo ai fini del trattamento di pensione. Ne consegue che nel 2023 potranno chiedere la permanenza in servizio i soli soggetti che, compiendo 67 anni di età entro il 31 agosto 2023, non sono in possesso di 20 anni di anzianità contributiva entro tale data.

Ape sociale

Coloro che sono interessati all’accesso all’Ape sociale potranno, una volta ottenuto il riconoscimento dall’ Inps, presentare la domanda di cessazione dal servizio in formato analogico o formale entro il 31 agosto 2024.

QUOTA 100

Coloro che sono interessati all’accesso alla pensione con Quota 100 è necessario che entro il 31/12/2021 abbiano almeno 62 anni di età e 38 anni di anzianità contributiva.

QUOTA 102

Coloro che sono interessati all’accesso alla pensione con Quota 102 è necessario che entro il 31/12/2022 abbiano almeno 64 anni di età e 38 anni di anzianità contributiva.

QUOTA 103

Coloro che siano interessati all’accesso alla pensione con Quota 103 è necessario che entro il 31/12/2023 abbiano almeno 62 anni di età e 41 anni di contributi.

OPZIONI DONNA- articolo 1, comma 292, della Legge 29 Dicembre 2022, N.197

E’ necessario entro il 31/12/2022 avere almeno 60 anni di età (età ridotta di un anno per figlio nel limite massimo di due anni) e un’anzianità contributiva di 35 anni maturata al 31/12/2022.

FeNSIR compie un anno: una sfida consapevole

Tra l’8 e il 9 agosto veniva resa pubblica da parte di un gruppo di docenti la volontà di creare un nuovo sindacato. A dirla tutta dal punto di vista giuridico era già nato ma essendo comunque uomini e donne aperti al dialogo e al confronto, fino al 2 di agosto credevamo che le ostilità passate potevano essere risolte e poter non dare corso al nuovo progetto. Purtroppo non fu più possibile il dialogo e lo stesso orizzonte politico, organizzativo nonché di ideali non era più in linea con quello precedente. Per oltre due mesi siamo rimasti in attesa di trovare una via di dialogo ma nonostante i giorni passassero nulla di fatto è cambiato e allora ci siamo detti: “dobbiamo creare un sindacato che vada alle radici del sindacalismo stesso: un sindacato che sappia dare voce a tutti e a ciascuno. Che sappia mettersi accanto al lavoratore della scuola e dell’università valorizzando il profilo professionale”. Non abbiamo pensato di cambiare sindacato, ma abbiamo pensato fin da subito di fondare un nuovo sindacato, con tutti i rischi e i pericoli che ciò avrebbe comportato. Fare un sindacato non è solo diffusione di servizi che immediatamente abbiamo risolto grazie anche all’esperienza maturata, ma ciò che contava e conta veramente è la disseminazione di ideali forti, di principi deontologici chiari. Fin dal primo momento non abbiamo avuto paura di metterci contro gli elefanti, noi piccoli topini appena usciti dalla tana. Siamo stati derisi, criticati, minimizzati, calunniati, screditati… Siamo stati presi di mira da elefanti la cui vita poteva tranquillamente andare avanti e invece continuano ad osservarci e non lasciano occasione per attaccarci o limitarci nell’azione sindacale. Per fortuna che i colleghi hanno capito la nostra buona azione e volontà e sono consapevoli che solo nel dare fiducia e supporto al nuovo è possibile davvero poter sperare in un futuro lavorativo migliore.

Dopo un anno questa sfida per un futuro lavorativo migliore è ancora più forte. Dopo un anno abbiamo realizzato il 50% di quanto prevede il nostro Statuto con la creazione di 4 sindacati autonomi federati (SAF), servizi fiscali e di patronato, ufficio legale e FeNSIRFormazione per l’aggiornamento e la formazione del personale. Ai nostri iscritti a parte situazioni speciali e comunque concordato, oltre la tessera non è stato chiesto un centesimo. Non abbiamo voluto alcun vincolo scritto per essere fedeli alla Costituzione ma chiediamo serietà e rispetto della parola data.

Sembrerà strano ma siamo riusciti a mettere su in soli 10 mesi quanto altri sindacato storici hanno creato in decenni.

La prossima sfida è raggiungere capillarmente i territori decentralizzando il sindacato con la creazione delle segreterie territoriali, provinciali e regionali FeNSIR espressione unitaria delle singole specificità. FeNSIR la nostra sfida consapevole e auguri a tutti noi iscritti

Giuseppe Favilla

segretario generale

Decreto Legge PA bis, un passo avanti a favore della risoluzione del precariato.

Reso noto il DL PA bis il nostro sindacato esprime cauta soddisfazione riguardo le scelte fatte dal Governo. “Non possiamo disconoscere l’impegno che il Ministero dell’Istruzione e del Merito stia mettendo nel cercare delle soluzioni, in modo particolare per il precariato. Certo ci troviamo però di fronte a delle stratificazioni normative, modificazioni ed evoluzioni delle stesse, seppur nell’ottica del miglioramento ma difficili da comprendere per molti colleghe e colleghi in attesa di percorsi chiari e definitivi, comunque rappresenta un buon passo avanti a favore della risoluzione del precariato dei docenti – afferma Giuseppe Favilla, Segretario Generale della Fensir”

“Continuiamo a nutrire delle perplessità riguardo le stesse procedure che sembrano ancora tutte da confermare e il personale precario rimane disorientato dalle troppe notizie circolanti che si accavallano a sempre nuove dichiarazioni. Il sistema concorso, o meglio, reclutamento deve trovare una sua collocazione definitiva. Solo negli ultimi 8 anni abbiamo assistito ad innumerevoli procedure molte delle quali non hanno sortito alcun effetto positivo” Conclude Giada Zichittella segretaria nazionale del Fensir SADOC, sindacato autonomo docenti.

Possiamo riassumere in  otto punti quanto previsto dal DL PAbis

  1. È stato soppresso il limite numerico prima imposto sul numero di abilitati previsti per specifiche classi di concorso;
  2. I docenti già abilitati su una determinata classe di concorso (o specializzati sul sostegno ma privi di abilitazione su materia) che vogliano conseguire una ulteriore abilitazione, potranno farlo svolgendo una formazione online corrispondente a 30 cfu;
  3. Le graduatorie degli idonei al concorso ordinario 2020 e al concorso STEM divengono graduatorie ad esaurimento; dall’anno scolastico 2024/2025 vincitori e idonei del concorso ordinario verranno perciò assunti dopo le immissioni in ruolo dei nuovi concorsi organizzati in attuazione del PNRR.
  4. Coloro che parteciperanno al prossimo concorso straordinario ter con 24 cfu conseguiti entro ottobre 2022 (o 3 anni di servizio negli ultimi 5, di cui uno specifico sulla classe per cui si concorre) e dovranno poi – se vincitori – colmare i restanti cfu fino ad arrivare a 60 durante l’anno di prova, potranno ripetere la prova finale una volta (ossia, potranno sostenerla max 2 volte);
  5. Per gli anni accademici 2023/24 e 2024/25 i percorsi universitari e accademici di formazione iniziale dei docenti potranno essere svolti, in misura non superiore al 50% del totale, in modalità online sincrona (in diretta). Rimangono obbligatoriamente in presenza laboratori e tirocinio (20 cfu dei 60 totali).
  6. Fino al 31 dicembre 2024, gli ITP possono partecipare ai concorsi per le classi del tipo “B” con il solo diploma e 24 cfu (ossia, non è ancora richiesta la laurea triennale).
  7. La prova scritta dei concorsi consterà di quesiti a risposta multipla sulle competenze psico-pedagogiche, didattico-metodologiche, informatiche e di lingua inglese; la prova orale dovrà accertare le conoscenze e competenze sulla disciplina della classe per la quale si concorre (nonché le competenze didattiche e l’abilità nell’insegnamento). Si tratta di modifiche pensate per il periodo di attuazione del PNRR. Successivamente, i concorsi potranno tornare anche a una prova scritta con domande a risposta aperta.
  8. Infine, il testo del Decreto PA bis prevede specifiche misure per il rafforzamento delle funzioni ispettive e di controllo del MIM sulle istituzioni scolastiche.

Lo stesso decreto contiene una norma a favore dei docenti di religione cattolica. “Notizia positiva, commenta Attilio Piacente segretario del Fensir SAIR, sindacato autonomo insegnanti di religione l’aver aumentato la quota del concorso straordinario dal 50 al 70%, seppur ancora insufficiente nel dare una risposta ad oltre 13mila docenti a tempo determinato con più di 3 anni si servizio, rappresenta un buon segnale; una richiesta, quello dell’aumento dei posti, che da sempre abbiamo sostenuto e rivendicato. Ci aspettiamo però ancora un altro passo avanti che la prova metodologico-didattica sia senza punteggio minimo così come il concorso straordinario bis”

Il concorso dei docenti di religione è ormai diventato un caso nazionale così anche la situazione di precarietà. Sono oltre 13mila i docenti titolati che insegnano oltre i tre anni e per loro saranno riservati poco più di 4500 posti dell’organico del 70%. Numeri che dovranno essere comunque confermati da una DPCM e dalla Corte dei Conti.

La Fensir e i suoi sindacati federati SADOC e SAIR rimarrà vigile affinché le rivendicazioni del personale docente e docente di religione possono trovare finalmente diritto di cittadinanza.

LA REDAZIONE

BOZZA DEL Decreto Legge

Abbiategrasso, docente accoltellata da uno studente. Ora è tempo di dire veramente basta!

di Raffaele Vitucci

È successo mercoledì 29/05/2023, tutto è accaduto alle 8,10 durante la prima ora di lezione. Tutto si è svolto in pochi minuti.

L’ episodio è avvenuto all’Istituto Emilio Alessandrini di Abbiategrasso e protagonista di questa tragica vicenda, che per l’ennesima volta colpisce il mondo della scuola, è la  professoressa Elisabetta Condò di 52 anni, docente di italiano e storia nell’Istituto.

Dalle prime testimonianze e dalle prime ricostruzioni tutto è avvenuto nell’aula 2A al secondo piano: la docente stava passando tra i banchi, quando, è stata aggredita alle spalle con un pugnale con una lama di 20 centimetri, inoltre lo studente aveva anche una pistola a gas con la quale ha minacciato i compagni di classe intimando loro di uscire dall’aula.

Appena usciti dall’aula i compagni hanno lanciato l’allarme.

Sul posto sono subito arrivati i vari mezzi di soccorso del 118 insieme ai carabinieri, che inizialmente pensavano si trattasse di una sparatoria all’interno della classe. 

I carabinieri hanno fatto irruzione nell’aula e hanno trovato lo studente immobile sul fondo della stanza, con le mani incrociate sulla testa. Il pugnale sporco di sangue insieme alla pistola erano appoggiati sul banco, mentre il ragazzo sanguinava a causa delle ferite che si era procurato da solo con il coltello.

La collega è stata subito trasportata in ospedale di Legnano in codice giallo, in quanto ha riportato un taglio ad un braccio e una ferita alla testa. Anche lo studente è stato portato al San Carlo di Milano per le ferite riportate, successivamente è stato ricoverato nel reparto di neuropsichiatria dell’ospedale San Paolo di Milano.

Ma perchè si è arrivato a questo?

Il 16enne protagonista avrebbe alcuni problemi scolastici: quest’anno avrebbe preso 6 note disciplinari, di queste 6 quattro erano della prof che è stata aggredita, inoltre il ragazzo avrebbe ricevuto dalla docente un 5 al termine dell’interrogazione. 

I genitori, il giorno dopo, sarebbero dovuti andare a scuola per un colloquio con i docenti. 

Il preside dell’Istituto, Michele Raffaeli, non riesce a trovare una spiegazione a quanto accaduto: “Non ci sono evidenze particolari, non avevamo segnali. Ancora non sappiamo cosa possa essere scattato nella sua testa”.

Gli amici e i compagni di scuola descrivono lo studente come un ragazzo taciturno che prendeva anche buoni vuoti a scuola e che proviene da una famiglia senza problemi.

Elisabetta Condò è stata sottoposta a un intervento chirurgico al polso per la ricostruzione dei tendini e i medici hanno parlato di sei coltellate.

Dopo l’operazione la docente ha avuto solo la forza di dire “È stato lui, non me l’aspettavo”, a riferirlo è stato il marito della donna che ha aggiunto che “È ancora troppo scossa. Mia moglie non ha ancora la forza di parlare , è sotto anestesia.”

Sulla questione è intervenuto anche il Ministro Valditara che, attraverso un videomessaggio pubblicato sulla sua pagina Facebook, ha espresso solidarietà e vicinanza alla docente aggredita.

“Ho voluto esprimere la solidarietà e la vicinanza mia e del governo alla professoressa aggredita. Docente che ha fatto in modo esemplare il suo dovere, seguendo un ragazzo che già in passato aveva dimostrato alcune problematicità”, ha detto il Ministro dell’Istruzione che è andato in visita all’ospedale di Legnano dove è ricoverata la donna in codice giallo. “Voglio cogliere l’occasione perché si rifletta sull’introduzione dello psicologo a scuola, soprattutto in un momento difficile. Anche a seguito dell’emergenza Covid, il disagio psicologico dei ragazzi nelle scuole è aumentato in modo significativo”, ha concluso Valditara.

Quanto accaduto si aggiunge ai frequenti casi di cronaca scolastica che hanno come protagonisti i docenti, vittime di aggressioni verbali e non sia da parte degli studenti ma anche da parte dei genitori, alcune volte legate a futili motivi tipo quelli legati all’uso del cellulare in classe.

Tutto si svolge in un contesto dove i docenti vengono messi alla gogna, ma sono chiamati anche a difendersi. 

La questione è complessa perché entrano in gioco non solo gli aspetti legati al rendimento scolastico, ma si estende anche alla questione psicologica.

Quando siamo davanti a questi fatti di cronaca che tingono di nero la scuola, quello che dovrebbe essere il luogo di formazione sia del sapere, ma anche della persona si legge subito “questi sono gli anni più difficili” collegati agli anni della pandemia. 

Ma non basta. 

Oggi, alla luce dell’ennesimo caso di violenza nei confronti del personale docente c’è bisogno di ricordare o di memorizzare alcuni aspetti legali. 

In merito abbiamo la nota dell’8 febbraio del 2023( prot. n.15184) del Ministro Valditara che ha proprio per oggetto “Episodi di violenza nei confronti degli insegnanti e del personale scolastico”

Sul piano della responsabilità penale occorre fare riferimento all’art. 341 bis del Codice Penale che così recita: “Chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone, offende l’onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni (…). Ove l’imputato, prima del giudizio, abbia riparato interamente il danno, mediante risarcimento di esso sia nei confronti della persona offesa sia nei confronti dell’ente di appartenenza della medesima, il reato è estinto”. Bisogna chiarire, però, che l’estinzione del reato opera in presenza di un possibile risarcimento del danno e che detto risarcimento deve essere diretto non solo al soggetto passivo, ma anche all’ente cui questo appartiene, nel caso specifico il Ministero dell’istruzione e del merito.Sempre sul piano della responsabilità penale, laddove siano state provocate lesioni in seguito a percosse o violenza fisica, viene applicato il dispositivo dell’art. 590 Codice Penale: “Chiunque cagiona ad altri per colpa una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a euro 309. Se la lesione è grave la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da euro 123 a euro 619, se è gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da euro 309 a euro 1.239. (…)”.

Il Ministero, inoltre, intende ricondurre il trattamento di questi casi di violenza , sempre più frequenti, alla competenza del patrocinio mediante la diretta rappresentanza dell’Avvocatura dello Stato. Per questo viene richiamato l’articolo 44 del Regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611  che disciplina la diretta rappresentanza dello Stato mediante l’Avvocatura generale. Quindi, secondo le indicazioni del Ministro dell’istruzione e del merito, ogni qual volta si verifichino le condizioni, l’Avvocatura dello Stato assumerà la rappresentanza e la difesa di un dipendente dello Stato.

In conclusione oggi c’è bisogno di attuare a pieni ritmi questa tutela nei confronti dei docenti.

Il docente nella scuola vuole sentirsi al sicuro, vuole svolgere le sue lezioni senza la paura di poter diventare protagonista di un’aggressione.  

Il docente vuole svolgere il suo lavoro senza la paura di essere minacciato, vuole poter dare un voto negativo senza che la situazione gli si rivolga contro, perché il docente ha a cuore la formazione scolastica e personale di ogni singolo studente a lui affidato.

17 mila docenti chiedono il trasferimento dalla Lombardia: scelta o costrizione?

di Raffaele Vitucci

Mercoledì 24 maggio sono stati pubblicati i dati inerenti alla mobilità del personale docente ed emerge un dato significativo ovvero che 17000 docenti della Lombardia hanno chiesto il trasferimento in altre Regioni. 

17 mila non è il numero dei partecipanti ad un concerto, non è il numero di coloro che hanno preso parte ad una manifestazione, ma 17 mila sono i docenti che hanno scelto di lasciare quella Regione che per anni o mesi è stata la loro casa.

Un dato che attesta ed evidenzia una situazione preoccupante, un dato che si collega alle ultime proteste degli studenti universitari fuori sede.

La maggior parte dei trasferimenti hanno come meta il sud, ma tutto questo perché?

La risposta è semplice: il capro espiatorio è stato trovato, la motivazione di questo numero elevato di richieste è il carovita che colpisce la Lombardia, in particolar modo la città ambrogina e meneghina. 

Il costo della vita ormai risulta essere troppo elevato, pensiamo agli affitti dove a Milano anche per una semplice stanza singola, tra l’altro in zone molto periferiche, ti ritrovi a pagare 600/700€ al mese, se sei fortunato altrimenti ti dovrai accontentare di un posto letto in una camera condivisa con uno sconosciuto.

A questo vanno aggiunte le spese per le varie utenze, aumentate a loro volta per il “rincaro bollette”, i costi per gli abbonamenti per i trasporti urbani ed interurbani e quelli anche per il cibo, dove i beni di prima necessità hanno subito un rialzo soprattutto nell’ultimo periodo. 

Tutto questo trova conferma nella mia esperienza di vita in quanto sono un docente che vive da 5 anni a Milano. All’inizio la situazione era gestibile e riuscivo ad organizzare anche i risparmi, così da permettermi uno svago in più. Ma tutto questo nell’ultimo periodo è impensabile perchè al mio stipendio da 1500 euro va sottratto l’affitto, le utenze, l’abbonamento per usufruire della metro per muovermi all’interno della città, altrimenti non saprei come raggiungere scuola perchè pensare di avere un’auto qui a Milano ormai rimane un sogno, i soldi per acquistare cibo e alla fine mi ritrovo ad attendere il 23 del mese successivo con una somma molto ridotta rispetto a quello che riuscivo ad avere fino a qualche anno fa.

Come può un insegnante affrontare tutto questo con uno stipendio mensile di 1500€?

Un docente che vive in Lombardia fa fatica ed ecco che sceglie di lasciare tutto e tornare nella propria Regione, ma alcune volte non è facile lasciare tutto quello che si è costruito, dalle relazioni agli affetti personali, la casa dove ha vissuto per anni,le proprie abitudini.

Le principali mete richieste nelle mobilità risultano essere la Campania, Calabria, Puglia e Sicilia, ma solo un terzo dei docenti ha ottenuto l’approvazione per il trasferimento.

Questa situazione chiede degli nterventi da parte dello Stato, chiede di frenare gli aumenti, chiede di rivedere la situazione sui canoni di locazione, chiede di rivedere gli stipendi dei docenti che sono coloro che sono chiamati a formare le nuove generazioni.

Tutto questo nell’ottica di incentivare i docenti pendolari ad accettare le cattedre e a rimanerci così da garantire anche la continuità didattica agli studenti.

Proprio su questo tema, ieri è intervenuto il Ministro dell’Istruzione e del Merito Valditara affermando che:  «Dobbiamo cercare di trovare le risorse per valorizzare gli stipendi di tutti i docenti e occorre trovare incentivi affinché non ci sia la fuga di docenti. Penso anche a un piano della casa per pubblici dipendenti e insegnanti in particolare».

E proprio sul caso della Lombardia che è una delle Regioni più interessate dall’esodo dei docenti il Ministro ha detto: «Leggo che ci sono 17mila insegnanti in fuga dalla Lombardia: sono dati che emergono con evidenza – ha spiegato il Ministro – ma i nostri del ministero sono ancora più drammatici visto che in alcune zone c’è una scopertura del 32% di docenti».

Alla luce di tutto questo servirebbe un piano urgente per aiutare e sostenere i docenti fuori sede a pagare l’affitto così da poter permettere, ai singoli docenti e al personale della scuola in generale,  di restare più a lungo nelle Regioni dove hanno ottenuto la cattedra o il posto come amministrativo o collaboratore scolastico, si potrebbe pensare anche a costruire nuovi appartamenti da affittare al personale fuori sede, come avviene per gli studenti che alloggiano all’interno di alloggi universitari, ovviamente ad un costo ridotto rispetto a quello di mercato. 

Ovviamente sappiamo che questa situazione colpisce tutto il personale ata, quest’ultimo svolge un ruolo indispensabile nell’istituzione scolastica, che a sua volta si trova a dover affrontare un trasferimento al Nord, in quanto la disponibilità del posto di lavoro è maggiore rispetto al Sud.

Altra ipotesi di soluzione del problema legato al carovita potrebbe essere un canone calmierato in base al proprio reddito, in modo da permettere un livello di vita almeno sufficiente nelle Regioni dove il singolo docente è chiamato a trasferirsi.

Tante potrebbero essere le soluzioni ma per farlo ci vuole un intervento urgente da parte dello Stato, con investimenti congrui che dovrebbe tenere a cuore il benessere, anche economico, dei personale della scuola.

Non posso fare a meno che rivolgermi al Ministro dell’Istruzione: non c’è più tempo da perdere. Noi, docenti e personale della scuola, ce la mettiamo tutta nel nostro lavoro, nella nostra chiamata ad essere docenti o personale ata, nel seguire e nel formare gli studenti, nell’essere attenti ai vari problemi che colpiscono gli adolescenti e supportare il personale scolastico, le famiglia… tutta la comunità educante. Ma per continuare a farlo abbiamo bisogno che t questa situazione venga rivista altrimenti lo sconforto troverà la meglio e chissà quanti docenti  e personale ata comincerà a pensare ad un piano b nella vita con un perdita irrimediabile di competenze acquisite e abilità ampiamente dimostrate.

Elenchi aggiuntivi GPS 2023/24

L’inserimento negli elenchi aggiuntivi delle GPS e conseguentemente nelle GI dalle ore 9 del 12 aprile alle ore 14 del 27 aprile in modalità telematica.

Gli insegnanti che non si trovano in prima fascia GPS per la classe di concorso considerata o per il sostegno con titolo ma che entro il 30 giugno 2023 saranno in possesso di abilitazione e/o specializzazione sostegno potranno inserirsi negli elenchi aggiuntivi alla prima fascia delle GPS costituite per il biennio 2022/24.

Gli elenchi aggiuntivi alla prima fascia GPS sono valide solo per l’anno scolastico 2023/24

Potranno inserirsi:

  • docenti abilitati con concorso ordinario secondaria non ancora inseriti in prima fascia GPS 
  • laureati in Scienze della formazione primaria
  • diplomati magistrale entro anno scolastico 2001/02
  • abilitati all’estero
  • specializzati sostegno TFA VII ciclo

Hai bisogno di supporto alla compilazione delle domande on-line invia email a docenti@fensir.it oppure docenti@sadoc.it per fissare un appuntamento con un nostro sindacalista.