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Decreto Scuola 2025: tra annunci e realtà. Favilla (FENSIR): “Servono risorse vere, non misure simboliche”

Approvato il provvedimento che ridisegna Carta docente, contratto e formazione tecnica. Ma restano poche risorse e troppi interrogativi sulla direzione della scuola italiana.

Roma, 2 novembre 2025 – Il Decreto Scuola 2025 è stato approvato in via definitiva dalla Camera dei Deputati, diventando legge. Il provvedimento introduce diverse novità che toccano alcuni pilastri del sistema scolastico: dalla Carta del docente estesa ai precari, ai fondi “una tantum” per il rinnovo contrattuale, fino alla riorganizzazione dei percorsi tecnico-professionali.
Ma dietro la retorica del “rilancio del merito” e dell’innovazione, resta il nodo centrale: la mancanza di risorse strutturali.

Carta del docente estesa ai precari, ma la coperta è corta

Dal prossimo anno scolastico la Carta del docente sarà accessibile anche ai circa 190 mila insegnanti con contratto a termine. Una decisione accolta positivamente per il principio di equità che introduce, ma che rischia di essere vanificata dall’assenza di nuovi finanziamenti.
A parità di fondi, l’ampliamento della platea comporterà una riduzione dell’importo effettivo per ciascun docente, rendendo la misura più simbolica che sostanziale.
A ciò si aggiunge la limitazione sull’acquisto di dispositivi tecnologici: sarà possibile farlo solo una volta ogni quattro anni, un passo indietro rispetto all’obiettivo di digitalizzazione della scuola.

Contratto scuola: 240 milioni “una tantum”, un’elemosina per il comparto

Il decreto prevede 240 milioni di euro una tantum per il rinnovo del contratto e 15 milioni per l’assicurazione sanitaria integrativa estesa ai supplenti fino al 30 giugno.
Una cifra che, distribuita sull’intero personale scolastico, equivale a meno di 10 euro a testa.
Una misura che rischia di trasformarsi in un’operazione d’immagine: non un vero rinnovo contrattuale, ma un segnale di facciata che non affronta il problema dei salari fermi e del crescente disagio economico del personale della scuola.

Favilla (FENSIR): “Si parla di merito, ma si tagliano le competenze”

Il segretario generale della FENSIR, Giuseppe Favilla, accoglie con cautela il decreto:

“Bene, ma non benissimo. Permangono molte criticità. Riguardo alla Carta del docente hanno ampliato la platea, ma i fondi? Così anche i 240 milioni di euro che si traducono in meno di 10 euro a dipendente della scuola…”.

Favilla aggiunge una riflessione sul nuovo impianto dell’esame di maturità, che il decreto ridefinisce in chiave più “nozionistica”:

“C’è il rischio concreto di tornare a un esame che misura solo le conoscenze e non le competenze trasversali acquisite nel percorso scolastico. È un passo indietro culturale: la scuola del futuro non deve formare solo studenti preparati a rispondere, ma cittadini capaci di pensare e risolvere problemi in contesti complessi”.

Il leader FENSIR sottolinea infine che «ampliare platee e cambiare nomi alle misure non basta: servono risorse vere, formazione continua e contratti dignitosi. Senza investimenti, ogni riforma resta sulla carta».

Un bilancio ancora in chiaroscuro

Il Decreto Scuola 2025 porta con sé elementi di novità, ma non la svolta che il mondo della scuola attende. La questione salariale rimane aperta, la formazione è sottofinanziata e la visione pedagogica rischia di arretrare verso modelli ormai superati.
Senza un investimento stabile e una visione di lungo periodo, la scuola italiana continuerà a vivere di riforme annunciate e risultati incompiuti.

Ufficio Stampa FENSIR – Federazione Nuovi Sindacati Istruzione e Ricerca
Comunicato del 2 novembre 2025

Stress lavoro-correlato a scuola: tra normativa, conflitti interni e rischio mobbing

Lo stress lavoro-correlato non riguarda soltanto fabbriche e uffici. Anche la scuola è un luogo di lavoro complesso, dove la convivenza di ruoli e responsabilità diverse – dirigente scolastico, docenti, personale ATA e DSGA – può generare tensioni e malessere.

Ma qui entra in gioco la legge. Il d.lgs. 81/2008, Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro, obbliga infatti il dirigente scolastico, in quanto datore di lavoro, a valutare e gestire lo stress lavoro-correlato al pari di qualunque altro rischio professionale.


La serenità come parte della salute

Il decreto non parla esplicitamente di serenità, ma la include nella definizione stessa di salute.
All’art. 2, lettera o) si legge:

“Salute: stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o d’infermità.”TU-81-08-Ed.-Gennaio-2025-1

Questo significa che, per legge, la salute a scuola non si riduce a non ammalarsi o non farsi male: deve comprendere anche il benessere psichico, relazionale e organizzativo. In altre parole, lavorare in serenità.


Una scuola sotto pressione

Chi vive quotidianamente la scuola conosce bene le fonti di stress:

  • Docenti sommersi da burocrazia, scadenze, programmi e classi numerose.
  • Personale ATA che si trova spesso a colmare carenze di organico con turni pesanti e compiti aggiuntivi.
  • Dirigenti scolastici schiacciati tra responsabilità legali e isolamento decisionale.
  • DSGA che devono gestire procedure sempre più complesse con risorse limitate.

Quando questi fattori si accumulano, lo stress diventa cronico e mina la qualità del lavoro, del clima interno e perfino della didattica.


Dal disagio al mobbing

In alcuni casi, le tensioni possono trasformarsi in mobbing, ovvero comportamenti vessatori ripetuti ai danni di un lavoratore.

Esempi reali di scuola:

  • un dirigente che affida incarichi punitivi o critica sistematicamente i docenti;
  • un DSGA che distribuisce in modo squilibrato i carichi di lavoro tra assistenti;
  • insegnanti che escludono un collega dalle attività collegiali;
  • collaboratori scolastici che emarginano il nuovo assunto.

Comportamenti che non solo violano la dignità delle persone, ma incidono sul benessere collettivo dell’intera comunità scolastica.


Cosa dice la legge

L’art. 28 del D.Lgs. 81/2008 è esplicito:

“La valutazione… deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004.”

Inoltre, il DVR (Documento di Valutazione dei Rischi) deve contenere non solo i rischi fisici e strutturali, ma anche quelli organizzativi e relazionali, con indicazioni precise su misure preventive e responsabilità.

La Commissione consultiva permanente ha stabilito che la valutazione debba articolarsi in due fasi:

  1. Valutazione preliminare → basata su indicatori oggettivi (assenze, turnover, conflitti registrati).
  2. Valutazione approfondita → se emergono criticità, si passa a questionari, focus group, interviste per raccogliere la percezione del personale.

La voce del sindacato

Sul tema interviene il Segretario Fensir, ricordando che la scuola non è solo un luogo di lavoro, ma di vocazione e relazioni:

“Il lavoro a scuola non è solo un lavoro fatto da cose da fare, ma una vocazione; un lavoro fatto di relazioni che non possono essere tossiche. I docenti devono sentirsi in un luogo sicuro, non tanto non esposti ad aggressioni fisiche ma nemmeno ad aggressioni verbali. Così anche il personale ATA non può essere trattato o sottovalutato né dal DS né dal DSGA.”

Parole che traducono in concreto il senso del “benessere” richiamato dalla legge.


Psicologo, figura chiave

Sempre più istituti coinvolgono psicologi non solo per studenti, ma anche per il personale. Il loro contributo è prezioso per:

  • individuare segnali di disagio,
  • mediare nei conflitti,
  • formare docenti e ATA sulla gestione dello stress,
  • accompagnare le scuole nella valutazione approfondita del rischio,
  • intervenire nei casi di mobbing o di forte criticità.

Un caso concreto

In un istituto tecnico del Nord Italia, un alto numero di assenze tra i docenti ha spinto il dirigente a indagare. La valutazione preliminare ha segnalato criticità, poi confermate da questionari e focus group: carico burocratico e scarsa trasparenza nelle comunicazioni. Con il supporto di uno psicologo, sono stati organizzati incontri di confronto e formazione. Il risultato? Clima interno migliorato e calo delle assenze.


Conclusione

La legge parla di benessere fisico, mentale e sociale. In una scuola, questo si traduce in serenità: relazioni sane, comunicazione chiara, rispetto reciproco.

La prevenzione dello stress lavoro-correlato non è solo un obbligo formale per i dirigenti scolastici: è un investimento sul futuro della comunità scolastica. Perché dove lavoratori sereni insegnano e collaborano, gli studenti crescono meglio.

Otto minuti di silenzio per la dignità del lavoro nella scuola

di Silvia Zanetti

Il 3 settembre docenti e ATA hanno protestato simultaneamente a Roma, Milano e Napoli consegnando al Ministero un Manifesto per la dignità del personale scolastico, che denuncia la profonda crisi del sistema scolastico pubblico italiano.

Il 3 settembre 2024 la scuola italiana ha fatto sentire la sua voce con un gesto simbolico di grande impatto: otto minuti di silenzio davanti al Ministero dell’Istruzione a Roma e contemporaneamente nelle piazze di Milano e Napoli. Il flash mob nazionale, promosso da Silvia Zanetti e Roberto Leardi (docenti di Bergamo) insieme a Fabrizio Sau (referente del personale ATA), ha messo al centro una richiesta tanto semplice quanto urgente: dignità per chi lavora nella scuola pubblica.

Un sistema al collasso: dai cedolini agli stipendi

Durante la manifestazione è stato consegnato ufficialmente al Ministero un articolato Manifesto che fotografa senza sconti la situazione del comparto. I problemi denunciati partono dai malfunzionamenti del sistema NOIPA, con frequenti interruzioni del servizio che hanno causato ritardi significativi nell’applicazione delle normative – come i sei mesi di ritardo per il taglio del cuneo fiscale – e difficoltà croniche nell’accesso ai cedolini.

Ma il cuore della protesta riguarda le retribuzioni. I dati OCSE sono impietosi: mentre un docente italiano di scuola superiore con 15 anni di servizio percepisce circa 34.000 euro lordi annui (circa 1.500 euro netti mensili), la media europea si attesta sui 49.000 euro, con punte di oltre 65.000 euro in Germania e 45.000 in Francia. Il divario ammonta a 300-350 euro netti mensili.

Ancora più grave la situazione del personale ATA: collaboratori scolastici fermi a 16.500 euro lordi annui, assistenti amministrativi e tecnici a 19.000 euro per 36 ore settimanali. Cifre che rendono evidente il disinvestimento strutturale nel settore.

L’inflazione che impoverisce

L’analisi del Manifesto evidenzia un aspetto cruciale: l’inflazione cumulativa 2022-2024 ha raggiunto il 12%, mentre gli aumenti salariali proposti si fermano al 6%. Il risultato è una perdita netta del potere d’acquisto del 6% che ha ulteriormente impoverito chi lavora nella scuola.

A questa erosione salariale si aggiunge una progressione di carriera penalizzante: per i docenti il primo scatto di anzianità arriva solo dopo 9 anni di servizio, mentre mancano completamente i buoni pasto nonostante gli impegni prolungati, configurando una disparità rispetto ad altri comparti del pubblico impiego.

Le richieste del movimento

“Non ci accontentiamo più di bonus o indennità temporanee”, dichiarano i promotori. “Vogliamo un contratto dignitoso e stipendi allineati agli standard europei. La scuola non può essere tenuta in vita con le briciole”.

Il Manifesto consegnato al Ministero chiede interventi strutturali precisi: allineamento delle retribuzioni agli standard europei, revisione del sistema degli scatti di anzianità, introduzione dei buoni pasto, pieno riconoscimento dell’anno 2013 ai fini della progressione di carriera e adeguamento dei compensi per gli esami di maturità, fermi dal 2007 a soli 399 euro lordi per i commissari interni.

Il silenzio che grida

Gli otto minuti di silenzio non sono stati rassegnazione, ma strategia comunicativa efficace. Con i cartelli alzati – “Basta briciole”, “Dignità per la scuola”, “Stipendi europei anche per noi” – docenti e ATA hanno trasformato l’assenza di parole in un messaggio potente che ha rappresentato simbolicamente l’assenza di ascolto delle istituzioni.

La delegazione ha sottolineato che, dopo mesi di mobilitazione, “non sarà più possibile ignorare queste richieste. Chi rappresenta le istituzioni deve sapere che la scuola non resterà in silenzio”.

Una battaglia per il futuro del Paese

La protesta del 3 settembre rappresenta solo l’inizio di una mobilitazione che il movimento annuncia determinato a portare avanti finché non arriveranno risposte concrete. La posta in gioco va oltre le singole rivendicazioni economiche.

Come sottolineato nel Manifesto: “La scuola pubblica è presidio di democrazia, crescita civile e giustizia sociale. Se non si investe nella scuola, non si investe nel futuro del Paese”. Una verità che rende la battaglia di docenti e ATA una questione di interesse nazionale, perché senza il riconoscimento del loro lavoro, il futuro dell’istruzione italiana rimane appeso a un filo sempre più sottile.

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Il commento della Fensir

«Siamo ridotti al silenzio con attività svolte, giustamente, da colleghi delusi da chi da anni siede ai tavoli contrattuali beneficiando solo di distacchi e permessi, ma concretamente non ottenendo nulla. Gli stessi stipendi dei docenti, annunciando pochi euro di aumento non solo ci sembrano una presa in giro, così come abbiamo denunciato pochi giorni fa, ma c’è il rischio che ciò rappresenti la scusa per imporci nuovi pesi dal punto di vista giuridico» afferma Giuseppe Favilla, segretario generale della Fensir.

«Plaudiamo l’iniziativa di questi coraggiosi docenti auto organizzati e ne sosteniamo, per quello che possiamo, essendo anche noi fuori dalla contrattazione in virtù di contratti fatti e firmati da chi si arroga la rappresentanza» conclude Favilla.

Decreto Scuola 2025: tutte le novità sugli esami, i contratti e l’organizzazione

Roma, 10 settembre 2025 – È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto-Legge 9 settembre 2025, n. 127, contenente “Misure urgenti per la riforma dell’esame di Stato del secondo ciclo di istruzione e per il regolare avvio dell’anno scolastico 2025/2026”Decreto-Scuola.

Il provvedimento tocca numerosi ambiti del sistema scolastico: dalla maturità ai percorsi professionali, dalla contrattazione collettiva alle supplenze, dalla sicurezza nei viaggi di istruzione fino all’edilizia.


Articolo 1 – L’esame torna a chiamarsi “maturità”

Il decreto modifica radicalmente il quadro normativo dell’esame di Stato. Da ora, la denominazione ufficiale sarà “esame di maturità”.

Il testo stabilisce che la prova finale:

«verifica i livelli di apprendimento conseguiti da ciascun candidato […] e valuta il grado di maturazione personale, di autonomia e di responsabilità acquisito al termine del percorso di studio»Decreto-Scuola.

Viene data maggiore attenzione a:

  • la partecipazione alle attività di formazione scuola-lavoro,
  • lo sviluppo delle competenze digitali,
  • le competenze di educazione civica.

Anche il colloquio d’esame cambia impostazione:

«Il colloquio si svolge sulle quattro discipline individuate annualmente […] al fine di verificare l’acquisizione dei contenuti e dei metodi propri di ciascuna disciplina, la capacità di argomentare in modo critico e personale e il grado di responsabilità e maturità raggiunto»Decreto-Scuola.


Articolo 2 – Filiera tecnologico-professionale

Il decreto consolida l’istituzione della filiera tecnologico-professionale, introdotta nel 2024. Dal 2026/2027, i percorsi rientreranno nell’offerta formativa del secondo ciclo.

Tuttavia, viene chiarito che:

«Dall’attuazione delle disposizioni […] non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica»Decreto-Scuola.

Un’espansione quindi solo a legislazione vigente, senza ulteriori stanziamenti.


Articolo 3 – Contrattazione collettiva e fondi

Il decreto interviene sul rinnovo del CCNL Istruzione e Ricerca – Sezione Scuola (triennio 2022-2024). Le risorse destinate provengono da diversi canali:

  • 0,55% del monte salari 2018 inizialmente previsto per i nuovi ordinamenti ATA;
  • il Fondo di valorizzazione del sistema scolastico, pari a 40,9 milioni per il 2025 e 57,8 milioni per il 2026;
  • quote residue del Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa, pari a 67,7 milioni per il 2022 e 13,6 milioni per il 2023Decreto-Scuola.

Infine, si prevede dal 2030 un incremento stabile di 15 milioni di euro annui.

Su questo punto è arrivata la nota del segretario generale della Fensir, Giuseppe Favilla:

«Il personale scolastico attende da anni un contratto all’altezza del proprio lavoro. Qui si parla di risorse minime, distribuite su più anni e spesso ricavate da fondi già esistenti. Non c’è un vero investimento: si tratta di misure tampone che non modificano la condizione salariale di docenti e ATA».


Articolo 4 – Supplenze

Il provvedimento proroga fino al 2027/2028 la possibilità di conferire supplenze con le procedure già in uso, estendendo quanto previsto dal decreto-legge 22/2020Decreto-Scuola.


Articolo 5 – Sicurezza dei trasporti per viaggi di istruzione

L’articolo introduce un vincolo preciso: i contratti per i servizi di trasporto relativi a uscite didattiche e viaggi di istruzione dovranno garantire standard di sicurezza certificati.

In particolare, le stazioni appaltanti dovranno valorizzare:

  • sistemi e dispositivi per la sicurezza,
  • accessibilità e trasporto di persone con disabilità,
  • competenze tecniche dei conducentiDecreto-Scuola.

Articolo 6 – Edilizia scolastica

Il decreto consente che i fondi PNRR destinati all’edilizia scolastica possano essere usati anche per trasporto studenti e arredi didattici, così da rendere immediatamente fruibili i nuovi edificiDecreto-Scuola.


Articolo 7 – Scuola europea di Brindisi

Confermato un finanziamento di 1 milione di euro per il 2026, per garantire il regolare avvio dell’anno scolastico alla Scuola europea di BrindisiDecreto-Scuola.


Conclusione

Il Decreto-Scuola si configura come un testo ampio e articolato. Da un lato introduce cambiamenti significativi, soprattutto sull’esame di maturità e sull’ordinamento dei percorsi professionali; dall’altro, sul terreno contrattuale e delle risorse economiche, si limita a riallocare fondi esistenti.

Favilla (Fensir) avverte:

«Si parla molto di centralità della scuola, ma senza un investimento serio sulle persone che la fanno vivere ogni giorno, il rischio è che anche le riforme più ambiziose restino prive di basi concrete».

LE CONTESTAZIONI DI ADDEBITO A SCUOLA: COSA SONO E COME DIFENDERSI

Le contestazioni di addebito sono provvedimenti disciplinari formali adottati nei confronti del personale scolastico, sia docente che ATA, per presunte violazioni dei doveri di servizio o delle norme comportamentali previste dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) o da altre normative di settore.


CARATTERISTICHE PRINCIPALI

  • Devono essere motivate e fondate su fatti specifici e documentabili.
  • Il lavoratore ha diritto a presentare una memoria difensiva, generalmente entro 5 giorni lavorativi dalla ricezione dell’atto.
  • Le procedure sono disciplinate da norme come l’art. 55-bis del D.Lgs. 165/2001.

PROCEDURA REGOLARE VS. MOBBING

A volte la linea tra una legittima azione disciplinare e una forma di mobbing è molto sottile. Il mobbing consiste in comportamenti reiterati, ostili e intenzionali, finalizzati a isolare, danneggiare o screditare un lavoratore all’interno dell’ambiente scolastico.

Quando una contestazione può degenerare in mobbing?

  • Se è numerosa, infondata o pretestuosa.
  • Quando è utilizzata come strumento di pressione psicologica o ritorsione.
  • Se è accompagnata da altre azioni vessatorie: demansionamento, esclusione, isolamento.

INDICATORI DI UN POSSIBILE MOBBING

  • Contestazioni vaghe, generiche o prive di prove concrete.
  • Convocazioni frequenti senza motivazione scritta o formale.
  • Critiche pubbliche durante collegi, riunioni o in ambienti non appropriati.
  • Esclusione non giustificata da incarichi, progetti o attività scolastiche.
  • Delegittimazione dell’immagine professionale di fronte a colleghi, studenti o famiglie.

Questi segnali possono riguardare docenti, collaboratori scolastici, assistenti tecnici o amministrativi, e vanno sempre documentati.


COSA PUÒ FARE IL PERSONALE SCOLASTICO (DOCENTE E ATA)?

  • Richiedere chiarimenti scritti per ogni contestazione.
  • Conservare ogni documento utile, comprese email, verbali, circolari, comunicazioni interne.
  • Redigere una memoria difensiva dettagliata e precisa.
  • Farsi assistere dal sindacato o da un avvocato specializzato in diritto del lavoro.
  • Segnalare condotte vessatorie all’Ufficio Scolastico Regionale, all’Ispettorato del Lavoro o ad altri enti competenti.

LO STILE DIRIGENZIALE: QUANDO LA PRASSI DIVENTA ABUSO

Non sempre è il contenuto della singola contestazione a essere critico, ma talvolta è lo stile dirigenziale stesso a creare problemi. Un/una Dirigente scolastico/a che adotta una prassi costante di richiami, sanzioni e contestazioni, anche per fatti di lieve entità o discutibili, può generare un ambiente lavorativo ostile e ansiogeno.

Questo comportamento non solo mina il clima professionale, ma può configurare una violazione normativa. Infatti, secondo il D.Lgs. 81/2008, il dirigente ha la responsabilità di garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro, che comprende anche la tutela del benessere psicofisico del personale.

Un utilizzo eccessivo, reiterato e sproporzionato del potere disciplinare può diventare causa di stress lavoro-correlato e di danno esistenziale, con possibili conseguenze anche sul piano legale.


SE IL DIRIGENTE DICHIARA IL FALSO O ALTERA I FATTI

Nei casi più gravi, può accadere che il/la Dirigente:

  • Formuli accuse false,
  • Costruisca artificiosamente narrazioni accusatorie,
  • Ometta fatti rilevanti o presenti versioni manipolate degli eventi.

In tali circostanze, il personale scolastico (docente o ATA) può e deve agire legalmente.

Strumenti di tutela:

  • Denuncia per diffamazione o calunnia;
  • Segnalazione per abuso d’ufficio;
  • Richiesta di ispezione scolastica o amministrativa;
  • Azione per danno d’immagine o professionale;
  • Tutela sindacale in caso di comportamenti antisindacali.

È essenziale documentare ogni elemento (email, ordini di servizio, testimoni, prove scritte) per difendere la propria posizione in modo efficace e credibile.


VERITÀ E TUTELA GIURIDICA

La normativa e la giurisprudenza italiana riconoscono il diritto del lavoratore a essere trattato con rispetto e dignità. In numerosi casi, i giudici del lavoro hanno annullato sanzioni disciplinari, ritenendole frutto di accanimento, persecuzione o violazioni procedurali, soprattutto se sproporzionate o non fondate su fatti reali.


CONCLUSIONI

La scuola deve essere un luogo di formazione, collaborazione e rispetto reciproco. L’uso scorretto o intimidatorio dello strumento disciplinare da parte della dirigenza compromette il benessere lavorativo e la qualità dell’istituzione scolastica.

È fondamentale che docenti e ATA:

  • Conoscano i propri diritti,
  • Agiscano in modo informato,
  • Documentino tutto,
  • Si difendano con fermezza e legalità da ogni abuso o prevaricazione.

Fondo Espero: Conviene Davvero per il Personale della Scuola di Ruolo e Non di Ruolo?

Numerosi lavoratori della scuola — in particolare i neoassunti a tempo indeterminato e i supplenti — ci chiedono se aderire al Fondo Pensione Espero sia una scelta vantaggiosa ai fini pensionistici.

📌 Attenzione al meccanismo del silenzio-assenso

In base all’Accordo ARAN del 16 novembre 2023, sottoscritto da CGIL, CISL, UIL, SNALS, Gilda e ANP, il 16 agosto 2024 è scaduto il termine di 9 mesi previsto per informare i neoimmessi in ruolo dal 1° gennaio 2019 riguardo al rischio di iscrizione automatica al Fondo Espero tramite il meccanismo del silenzio-assenso.

Secondo le disposizioni ufficiali:

  1. Chi è stato assunto dal 1° gennaio 2019 dovrebbe ricevere un’apposita informativa dal proprio dirigente scolastico.
  2. Da quel momento decorrono 9 mesi per poter esercitare il diritto di diniego.
  3. Il diniego deve essere presentato alla scuola, non al Fondo Espero.
  4. In caso di mancata opposizione entro i 9 mesi, si viene automaticamente iscritti al fondo.
  5. Una volta iscritti tramite silenzio-assenso, è comunque possibile recedere entro 30 giorni dalla comunicazione ufficiale del Fondo.

🔴 Segnalazione importante: in molte scuole l’informativa non è ancora stata inviata oppure sono state diffuse circolari con scadenze improprie, ad esempio limitando la scelta a 15 giorni invece dei 9 mesi previsti.

➡️ FENSIR invita tutti i lavoratori della scuola a verificare con il dirigente scolastico l’invio dell’informativa e a prendere una decisione consapevole, valutando vantaggi e svantaggi dell’adesione.


🎓 Cos’è il Fondo Espero

Il Fondo Espero è il fondo nazionale di previdenza complementare per il personale scolastico, nato per offrire un’integrazione alla pensione pubblica. È un fondo negoziale, cioè riservato a una specifica categoria di lavoratori sulla base del contratto collettivo nazionale.

👥 Chi può aderire

  • Docenti, personale ATA e dirigenti scolastici delle scuole statali;
  • Personale AFAM (Alta Formazione Artistica e Musicale);
  • Personale a tempo determinato (se iscritto almeno 3 mesi prima della scadenza del contratto);
  • Dipendenti di scuole private paritarie legalmente riconosciute;
  • Familiari fiscalmente a carico di un aderente.

L’adesione è volontaria, anche se oggi, come visto, il silenzio può valere come assenso.


💼 Come funziona il fondo

Contribuzione

Il versamento al fondo è composto da:

  • una quota a carico del lavoratore (scelta liberamente);
  • una quota a carico del datore di lavoro;
  • il conferimento del TFR maturato.

Il contributo del datore viene riconosciuto solo se il lavoratore aderisce volontariamente, non se si lascia solo il TFR nel fondo.


💰 Prestazione pensionistica

L’ammontare finale dipende da:

  • durata dell’adesione;
  • importo dei versamenti;
  • rendimento degli investimenti;
  • aspettativa di vita.

Alla fine del percorso, la prestazione potrà essere erogata in forma di rendita vitalizia o capitale, secondo diverse opzioni (es. reversibile, certa, con restituzione del capitale, ecc.).


📊 Comparti di investimento

  • Comparto Garanzia: prudente, con orizzonte breve, pensato per chi è vicino alla pensione. Prevede una garanzia di restituzione del capitale.
  • Comparto Crescita: più dinamico, con orizzonte medio e rischio moderato. Mira a rendimenti superiori all’inflazione del 2%.

💸 Costi del fondo

I costi influiscono direttamente sulla rendita finale. Ecco i principali:

  • Quota di adesione: 2,58 € a carico dell’iscritto e 2,58 € a carico del datore di lavoro;
  • Spese annue di gestione:
    • Comparto Garanzia: 0,30% + 0,02%;
    • Comparto Crescita: 0,14% + 0,02%;
  • Spese per operazioni: tra 5,50 € e 10,50 € per anticipazioni, riscatti, trasferimenti, ecc.

🧾 Vantaggi fiscali

  • I contributi versati (fino a 5.164,57 € annui) sono deducibili dal reddito imponibile;
  • La prestazione finale è tassata tra il 9% e il 15% (a seconda degli anni di permanenza);
  • I rendimenti finanziari sono tassati al 12,5% per titoli di Stato e 26% per gli altri investimenti (meno rispetto ad altri strumenti finanziari).

⚖️ Conviene aderire? I Pro e i Contro

Vantaggi

  • Integrazione della pensione pubblica;
  • Contributo aggiuntivo del datore di lavoro;
  • Agevolazioni fiscali;
  • Gestione professionale del risparmio;
  • Maggiore trasparenza rispetto a fondi bancari e assicurativi.

Svantaggi

  • Costi che riducono la rendita;
  • Rischi legati ai rendimenti del mercato;
  • Vincoli di lungo periodo: non è facile disinvestire liberamente;
  • Scarsa personalizzazione: il fondo è “standardizzato”.

📍 Conclusione

Aderire al Fondo Espero non è obbligatorio, ma è una scelta che richiede consapevolezza. Se sei giovane, con molti anni di lavoro davanti e vuoi sfruttare i vantaggi fiscali e contributivi, può essere uno strumento utile.

Se invece sei vicino alla pensione, in difficoltà economica, o preferisci gestire da solo i tuoi risparmi, potresti valutare soluzioni diverse, come investimenti autonomi o un fondo pensione aperto più flessibile.

👉 FENSIR consiglia a tutti i lavoratori della scuola di informarsi bene, chiedere la documentazione al dirigente scolastico, e valutare attentamente se aderire o esercitare il diritto di rinuncia.


Segreterie scolastiche abbandonate: caldo insopportabile, zero tutele e promesse vuote

Tra temperature da record e carichi di lavoro ingestibili, il personale amministrativo chiede rispetto. Fensir – SAATA (Sindacato Autonomo ATA): “Non siamo carne da macello: vogliamo dignità e diritti”

Mentre i corridoi delle scuole si svuotano e i riflettori si spengono sul mondo della didattica, c’è un esercito silenzioso che continua a lavorare nell’afa soffocante dell’estate italiana: il personale amministrativo delle segreterie scolastiche. Uffici che si trasformano in forni, termometri che segnano stabilmente 35-37 gradi, postazioni di lavoro obsolete, ventilatori guasti e finestre spalancate che lasciano entrare solo aria rovente. “Abbiamo la sensazione di essere completamente abbandonati,” denuncia un’assistente amministrativo di Roma. “In queste condizioni non si riesce a lavorare, si rischia di sentirsi male ogni giorno.” Eppure le scadenze burocratiche non si fermano: graduatorie, iscrizioni, contabilità, pagamenti. Tutto si accumula nei mesi estivi, quando l’organico è ridotto dalle ferie. “Ci trattano come automi, come ingranaggi usa e getta,” accusa un assistente amministrativo. In questo quadro desolante, risuonano come uno schiaffo le dichiarazioni di Antonio Naddeo, presidente dell’Aran, che di recente ha ribadito “l’importanza di valorizzare il personale amministrativo e riconoscerne la professionalità”. Parole vuote e scollegate dalla realtà. Perché di riconoscimento concreto non si vede traccia. “Non ci basta sentirci dire che il nostro lavoro è prezioso,” incalza il prof. Giuseppe Favilla, Segretario Generale del Fensir. “Se davvero fosse prezioso, si sarebbe già fatto qualcosa: interventi strutturali per climatizzare le sedi, rafforzare gli organici e garantire tutele minime. Ma finora abbiamo assistito solo a promesse di facciata.” E invece nulla. Nessun piano straordinario per l’adeguamento climatico, nessuna apertura seria al lavoro agile che in altre amministrazioni pubbliche è ormai prassi consolidata, nessuna settimana corta per limitare l’esposizione al caldo. “Ci obbligano a presidiare uffici deserti, con pratiche che potremmo tranquillamente gestire da remoto,” denuncia Favilla. “È una forma di ottusità burocratica e di disprezzo per la salute delle persone.” A tutti i dirigenti scolastici e ai politici che siedono nei palazzi del potere: abbiate il coraggio di guardare in faccia la realtà. Venite nei nostri uffici, passateci anche solo un’ora nel primo pomeriggio, respirando quest’aria irrespirabile e toccando le tastiere incandescenti. Solo così capirete che qui non si tratta di “disagi”, ma di condizioni di lavoro indegne e pericolose. Fensir e il Sindacato Autonomo ATA, per voce del loro Segretario Generale, lanciano un appello chiaro: “Non si può più ignorare chi manda avanti la macchina amministrativa della scuola. Non ci servono passerelle o dichiarazioni di circostanza. Pretendiamo risposte immediate:

climatizzatori funzionanti in ogni istituto, smart working garantito per tutte le attività compatibili, settimana corta estiva per tutelare la salute, organici finalmente adeguati al carico di lavoro.”

“Se qualcuno pensa che il personale ATA sia invisibile o sacrificabile – conclude il prof. Favilla – si sbaglia di grosso. Abbiamo dimostrato in pandemia di essere essenziali, e lo siamo ogni giorno dell’anno. Adesso diciamo basta: non resteremo in silenzio mentre si calpestano la nostra salute e la nostra dignità. Se non arriveranno risposte concrete in tempi rapidi, siamo pronti a mobilitarci e a denunciare pubblicamente questa situazione in ogni sede possibile. La misura è colma.”

Fensir-SAATA annuncia che, in assenza di interventi immediati, nelle prossime settimane organizzerà:

una campagna nazionale di informazione e denuncia sui media e sui social, raccolta firme e petizioni popolari per chiedere il diritto allo smart working estivo,giornate di mobilitazione e presidi davanti agli Uffici Scolastici Regionali e al Ministero dell’Istruzione, ricorsi e segnalazioni agli organi di vigilanza sulla sicurezza dei luoghi di lavoro.

“Non ci fermeremo finché non avremo ottenuto rispetto e tutele concrete,” conclude il prof. Favilla. “Siamo pronti a portare questa battaglia in ogni sede istituzionale e a far sentire la voce di chi da troppo tempo viene trattato come un numero.”

Segreteria Fensir-SAATA

Personale ATA, al via la scelta delle sedi: Allegato G disponibile dal 23 giugno su Istanze Online

Il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha comunicato le date ufficiali per la compilazione dell’Allegato G, passaggio fondamentale per gli aspiranti inseriti nelle graduatorie ATA 24 mesi. La nota n. 141435, firmata dal Direttore Generale Maria Assunta Palermo e diffusa il 20 giugno 2025, fissa l’apertura della procedura telematica dalle ore 9:00 del 23 giugno fino alle ore 23:59 dell’11 luglio 2025.

L’Allegato G sarà disponibile esclusivamente sulla piattaforma Istanze Online, e consentirà agli interessati di esprimere le proprie preferenze in merito alle sedi scolastiche, in vista delle nomine per le supplenze nell’anno scolastico 2025/2026.

Si tratta del secondo step del percorso previsto per il personale ATA che ha già presentato, entro il 19 maggio scorso, la domanda di inserimento o aggiornamento nelle graduatorie permanenti. La scelta delle sedi rappresenta infatti una fase determinante per poter accedere agli incarichi temporanei che saranno conferiti a partire dal prossimo anno scolastico.

Gli interessati sono invitati a prestare attenzione alle scadenze e a completare la procedura entro i termini indicati, per non compromettere la propria posizione nelle graduatorie.

ISCRIVITI COMPILANDO IN MODULO IN ALLEGATO: https://www.fensir.it/iscriviti

Proroga dei contratti di supplenza del personale ATA: chiarimenti e condizioni operative

Il Ministero dell’Istruzione e del Merito, con la nota n. 119043 del 23 maggio 2025, ha autorizzato la possibilità di prorogare i contratti di supplenza del personale ATA in scadenza al 30 giugno, per l’anno scolastico in corso.

Secondo quanto disposto, i Dirigenti scolastici potranno avanzare richiesta di proroga solo in presenza di effettive e documentate necessità, nei casi in cui non sia possibile garantire il regolare svolgimento dei servizi scolastici utilizzando il personale di ruolo o i supplenti annuali.

Le motivazioni ritenute valide comprendono, tra le altre:

  • lo svolgimento degli esami di Stato;
  • il recupero dei debiti formativi nelle scuole secondarie di secondo grado;
  • situazioni eccezionali che possano compromettere l’organizzazione scolastica e il corretto avvio del prossimo anno;
  • le attività amministrative connesse all’aggiornamento delle graduatorie di terza fascia ATA, particolarmente gravose quest’anno a causa della necessità di verificare le CIAD presentate dagli aspiranti per lo scioglimento della riserva.

Tali procedure richiedono un impegno amministrativo rilevante, aggravato dal numero consistente di posizioni da esaminare e dalla necessità di aggiornare tempestivamente le graduatorie per il 2025/2026.

Le richieste di proroga, motivate e formalmente redatte, dovranno essere trasmesse dagli istituti scolastici agli Uffici Scolastici Regionali competenti, che provvederanno ad autorizzarle entro i limiti e secondo i criteri previsti dalla nota ministeriale.

Il Ministero ha richiamato anche il riferimento normativo dell’art. 1, comma 7 del D.M. 430/2000, e le istruzioni precedenti (nota prot. n. 8556/2009 e nota n. 74742/2024), sottolineando la continuità interpretativa e operativa.

Sentenza sulla ricostruzione di carriera: la Cassazione riconosce l’anno 2013 solo ai fini giuridici. Resta il danno economico per migliaia di docenti e ATA

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10215/2024, pubblicata il 21 maggio 2025, ha posto un punto fermo sulla questione del riconoscimento dell’anno 2013 nella ricostruzione della carriera del personale scolastico. Il verdetto stabilisce che tale annualità deve essere riconosciuta esclusivamente ai fini giuridici, ma non ai fini economici, confermando la cosiddetta “sterilizzazione” operata dalla normativa emergenziale sul contenimento della spesa pubblica (D.L. 78/2010 e d.P.R. 122/2013).

Il danno è quantificabile

L’effetto concreto della decisione è una perdita economica media compresa tra i 2.000 e i 4.000 euro per ciascun docente o ATA coinvolto. Questo deriva dalle mancate differenze retributive, dal ritardo nel passaggio alle fasce stipendiali e dai riflessi sul trattamento di fine servizio.

La posizione della Fensir

Dura la reazione del Segretario Generale della Fensir, Giuseppe Favilla, che ha dichiarato:

“Quando la giustizia è cieca e cassa il diritto dei lavoratori, l’unica azione da fare è continuare a lottare.”

Favilla critica inoltre il fatto che la Corte abbia rimandato il possibile recupero dell’anno 2013 alla contrattazione collettiva:

“Demandare alla contrattazione una norma di legge non solo sembra strumentale, ma anche privo di senso. Ad oggi non sono riusciti a chiudere i sindacati rappresentativi un contratto degno di chiamarsi tale. Pensano di recuperare un intero anno sterilizzato con una contrattazione non prevista dalla normativa così come fu per il 2011 e 2012? Siamo presi ancora una volta in giro, anche dalla Suprema Corte.”

La strategia legale del sindacato

Il sindacato non intende rassegnarsi alla decisione della Cassazione e annuncia nuove azioni giudiziarie:

“Chiederemo ai giudici del lavoro se è corretto rinunciare obbedienti e fedeli al nostro diritto di lavoratori e di quanto ci è stato sottratto in nome di una spending review voluta dalla casta.”

Il nodo della disparità

Il vero nodo resta la scissione tra il riconoscimento giuridico e quello economico dell’anzianità. L’anno 2013 viene sì riconosciuto per concorsi, mobilità e graduatorie, ma non comporta alcun effetto stipendiale. Ciò si traduce in un ritardo di un anno nella progressione economica, con ripercussioni su tutta la carriera.

Conclusione

La sentenza, seppur chiara sotto il profilo normativo, lascia irrisolto il danno concreto per una categoria già penalizzata. Serve ora una risposta non solo giuridica, ma anche politica e contrattuale, capace di ristabilire un principio di equità sostanziale nei confronti dei lavoratori della scuola.

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