Otto minuti di silenzio per la dignità del lavoro nella scuola
di Silvia Zanetti
Il 3 settembre docenti e ATA hanno protestato simultaneamente a Roma, Milano e Napoli consegnando al Ministero un Manifesto per la dignità del personale scolastico, che denuncia la profonda crisi del sistema scolastico pubblico italiano.
Il 3 settembre 2024 la scuola italiana ha fatto sentire la sua voce con un gesto simbolico di grande impatto: otto minuti di silenzio davanti al Ministero dell’Istruzione a Roma e contemporaneamente nelle piazze di Milano e Napoli. Il flash mob nazionale, promosso da Silvia Zanetti e Roberto Leardi (docenti di Bergamo) insieme a Fabrizio Sau (referente del personale ATA), ha messo al centro una richiesta tanto semplice quanto urgente: dignità per chi lavora nella scuola pubblica.
Un sistema al collasso: dai cedolini agli stipendi
Durante la manifestazione è stato consegnato ufficialmente al Ministero un articolato Manifesto che fotografa senza sconti la situazione del comparto. I problemi denunciati partono dai malfunzionamenti del sistema NOIPA, con frequenti interruzioni del servizio che hanno causato ritardi significativi nell’applicazione delle normative – come i sei mesi di ritardo per il taglio del cuneo fiscale – e difficoltà croniche nell’accesso ai cedolini.
Ma il cuore della protesta riguarda le retribuzioni. I dati OCSE sono impietosi: mentre un docente italiano di scuola superiore con 15 anni di servizio percepisce circa 34.000 euro lordi annui (circa 1.500 euro netti mensili), la media europea si attesta sui 49.000 euro, con punte di oltre 65.000 euro in Germania e 45.000 in Francia. Il divario ammonta a 300-350 euro netti mensili.
Ancora più grave la situazione del personale ATA: collaboratori scolastici fermi a 16.500 euro lordi annui, assistenti amministrativi e tecnici a 19.000 euro per 36 ore settimanali. Cifre che rendono evidente il disinvestimento strutturale nel settore.
L’inflazione che impoverisce
L’analisi del Manifesto evidenzia un aspetto cruciale: l’inflazione cumulativa 2022-2024 ha raggiunto il 12%, mentre gli aumenti salariali proposti si fermano al 6%. Il risultato è una perdita netta del potere d’acquisto del 6% che ha ulteriormente impoverito chi lavora nella scuola.
A questa erosione salariale si aggiunge una progressione di carriera penalizzante: per i docenti il primo scatto di anzianità arriva solo dopo 9 anni di servizio, mentre mancano completamente i buoni pasto nonostante gli impegni prolungati, configurando una disparità rispetto ad altri comparti del pubblico impiego.
Le richieste del movimento
“Non ci accontentiamo più di bonus o indennità temporanee”, dichiarano i promotori. “Vogliamo un contratto dignitoso e stipendi allineati agli standard europei. La scuola non può essere tenuta in vita con le briciole”.
Il Manifesto consegnato al Ministero chiede interventi strutturali precisi: allineamento delle retribuzioni agli standard europei, revisione del sistema degli scatti di anzianità, introduzione dei buoni pasto, pieno riconoscimento dell’anno 2013 ai fini della progressione di carriera e adeguamento dei compensi per gli esami di maturità, fermi dal 2007 a soli 399 euro lordi per i commissari interni.
Il silenzio che grida
Gli otto minuti di silenzio non sono stati rassegnazione, ma strategia comunicativa efficace. Con i cartelli alzati – “Basta briciole”, “Dignità per la scuola”, “Stipendi europei anche per noi” – docenti e ATA hanno trasformato l’assenza di parole in un messaggio potente che ha rappresentato simbolicamente l’assenza di ascolto delle istituzioni.
La delegazione ha sottolineato che, dopo mesi di mobilitazione, “non sarà più possibile ignorare queste richieste. Chi rappresenta le istituzioni deve sapere che la scuola non resterà in silenzio”.
Una battaglia per il futuro del Paese
La protesta del 3 settembre rappresenta solo l’inizio di una mobilitazione che il movimento annuncia determinato a portare avanti finché non arriveranno risposte concrete. La posta in gioco va oltre le singole rivendicazioni economiche.
Come sottolineato nel Manifesto: “La scuola pubblica è presidio di democrazia, crescita civile e giustizia sociale. Se non si investe nella scuola, non si investe nel futuro del Paese”. Una verità che rende la battaglia di docenti e ATA una questione di interesse nazionale, perché senza il riconoscimento del loro lavoro, il futuro dell’istruzione italiana rimane appeso a un filo sempre più sottile.
E-mail: flashmobdocentieata@libero.it
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Il commento della Fensir
«Siamo ridotti al silenzio con attività svolte, giustamente, da colleghi delusi da chi da anni siede ai tavoli contrattuali beneficiando solo di distacchi e permessi, ma concretamente non ottenendo nulla. Gli stessi stipendi dei docenti, annunciando pochi euro di aumento non solo ci sembrano una presa in giro, così come abbiamo denunciato pochi giorni fa, ma c’è il rischio che ciò rappresenti la scusa per imporci nuovi pesi dal punto di vista giuridico» afferma Giuseppe Favilla, segretario generale della Fensir.
«Plaudiamo l’iniziativa di questi coraggiosi docenti auto organizzati e ne sosteniamo, per quello che possiamo, essendo anche noi fuori dalla contrattazione in virtù di contratti fatti e firmati da chi si arroga la rappresentanza» conclude Favilla.










